L’INSODDISFAZIONE LAVORATIVA NUOCE ALLA SALUTE
In un articolo precedente si è parlato di insoddisfazione, che ci fa sentire impotenti, frustrati, scontenti e delusi. Se te lo sei perso te lo lascio qui.
In questo nuovo articolo approfondiamo insieme una sfaccettatura dell’insoddisfazione, ovvero l’insoddisfazione lavorativa.
Il lavoro
Contenuti
Partiamo dal contesto: il lavoro. Considerando che si lavora in media 40 ore settimanali, ovvero quasi 2000 ore all’anno, possiamo considerare il lavoro come una sfera significativa e impattante sulla nostra vita.
Questo ci influenza sia dal punto di vista professionale che personale. Infatti, il lavoro non fornisce soltanto una fonte di reddito che ci consente di guadagnare denaro e soddisfare i nostri bisogni, ma ci permette di diventare indipendenti e autonomi da un punto di vista economico, finanziario e personale.
Esso contribuisce alla nostra identità personale e sociale. Passando molte ore del giorno a lavorare, infatti, spesso ci identifichiamo con il ruolo che ricopriamo. Il lavoro offre opportunità di crescita perché ci dà la possibilità di acquisire nuove competenze, sviluppare capacità e fare esperienza.
Con il raggiungimento di obiettivi professionali ci sentiamo realizzati e soddisfatti, contribuendo a un senso di benessere. Infine, il lavoro ci consente di contribuire in modi differenti alla società in cui viviamo, facendoci sentire importanti e di valore.
Così come il lavoro può migliorare e apportare cambiamenti positivi nella nostra vita, esso può intervenire nella creazione o nell’aumento di un senso di insoddisfazione.
L’insoddisfazione lavorativa
Tornando all’argomento principale di questo articolo, possiamo definire l’insoddisfazione lavorativa come uno stato d’animo negativo che ci fa sentire scontenti, non appagati, infelici, delusi e frustrati.
Tutte queste sensazioni possono presentarsi indipendentemente dal lavoro che fai, dal settore in cui operi e dalla mansione che ricopri.
Molti lavoratori troppo spesso svolgono i loro compiti correttamente, portano a termine gli obiettivi che si erano prefissati, rivestono il ruolo in maniera impeccabile, hanno una buona condotta, ma nonostante tutto non sono felici del proprio lavoro. Staccano e tornano a casa scontenti, quasi apatici. E’ capitato anche a te?
Questa è la descrizione di una situazione in cui si prova insoddisfazione lavorativa. Molto spesso non ce ne rendiamo conto, perché pensiamo che l’importante sia eseguire bene il proprio lavoro. Tuttavia, ci dimentichiamo che il nostro mestiere è molto di più delle attività che svolgiamo.
Noi non siamo il lavoro che facciamo, ma nel farlo ci mettiamo impegno ed energie per raggiungere un determinato scopo. Il lavoro non è solo un impiego perché ci tiene occupati durante il giorno. Il lavoro è molto di più e per questo dobbiamo trovare quella motivazione che ci spinge a dare il massimo e a esserne soddisfatti.
Procediamo con ordine e analizziamo insieme le cause, i sintomi e le conseguenze dell’insoddisfazione lavorativa.
Le cause
I fattori scatenanti dell’insoddisfazione legata al lavoro sono molteplici:
- Mancanza di valori aziendali condivisi. Frequentemente si vive una situazione lavorativa in cui i valori aziendali non sono comunicati e condivisi, per cui i dipendenti fanno fatica a comprenderli e farli propri. Questo non è un elemento da sottovalutare poiché i valori sono il motore che spinge i lavoratori verso una meta comune, essi possono essere apprezzati e si possono rivelare un ottimo motore per la motivazione che spinge a fare meglio e di più. Ecco che diventa evidente il collegamento tra valori aziendali e produttività. Inoltre, far parte di una realtà aziendale di cui si condividono i valori e che rispecchia ciò in cui credi è la base per lavorare con soddisfazione e ti fa sentire realizzato;
- Nessuna crescita: quando i lavoratori non si sentono appagati è anche a causa di una poca valorizzazione del talento e delle potenzialità. Il risultato sarà una scarsa motivazione che si riversa negativamente sulla qualità del lavoro e sulla produttività che sarà in calo;
- Nessuna visione futura: se non c’è crescita non c’è futuro. Se non vuoi dei dipendenti infelici basta non farli sentire inutili per l’azienda, ma valorizzarli includendoli nella strategia;
- Comunicazione sbagliata: quando le informazioni non circolano adeguatamente i dipendenti possono sentirsi tagliati fuori e si considerano come esterni all’azienda senza la giusta valorizzazione;
- Mancanza di confronto: questo si lega alla scarsa comunicazione, poiché non c’è comprensione, sia tra collaboratori che tra dipendenti e dirigenti. Se ti interessa approfondire il tema ti lascio un articolo interessante qui;
- Ruoli poco chiari: che portano ad una complessità aziendale nella gestione dei compiti e dei lavoratori stessi che, di conseguenza, si sentiranno trascurati e non si identificheranno con il proprio lavoro. Inoltre, l’ambiguità può portare a una mancanza di obiettivi definiti e si lavorerà con poca chiarezza e quindi con meno soddisfazione;
- Poco lavoro di squadra: il team building aziendale permette a persone diverse di conoscersi, di iniziare a collaborare per la lavorare meglio e raggiungere insieme gli obiettivi condivisi. Quando questo manca i lavoratori tendono a lavorare per conto proprio, isolandosi e non sentendosi parte di una squadra;
- Carico di lavoro eccessivo: che può avere come conseguenza il burnout;
- Clima aziendale pesante: quando tutte questi elementi si presentano in un ambiente di lavoro lo trasformano in un luogo difficile da gestire. Per cui sentirsi insoddisfatti, non appagati e scontenti diventa la quotidianità.
Le conseguenze
Molte delle conseguenze dell’insoddisfazione nel lavoro sono pressoché le stessi dell’insoddisfazione generale nella vita. Tuttavia, ce ne sono alcune più specifiche. Vediamole in dettaglio:
- malumori generali
- ansia quotidiana
- malessere psico-fisico
- scarsa motivazione
- comportamento negativo e ostile
- ridotta gratificazione
- costante preoccupazione
- stress
- ambienti di lavoro tossici
- pessimi rapporti tra colleghi
- competizione eccessiva
Con questo clima così negativo e pesante è comprensibile vivere il lavoro con scontentezza.
L’insoddisfazione lavorativa giovanile
Secondo alcuni studi, l’insoddisfazione lavorativa inizia ad avvertirsi dai 35 anni e può causare stress e scontentezza.
Dunque, è doveroso fare un focus anche sulle diverse cause che portano all’insoddisfazione lavorativa nei giovani. Il nuovo mondo del lavoro, precario e flessibile, porta con sé molte opportunità, ma anche tante (troppe) problematiche per i lavoratori tra i 20 e i 30 anni oggi. Ma a cosa è dovuta questa insoddisfazione lavorativa giovanile? Ecco le 3 cause:
- Paura del futuro: i sentimenti che le nuove generazioni provano per il futuro oscillano tra l’incertezza e il disorientamento. Questa nuova generazione non è cresciuta con il mantra della sicurezza lavorativa, non hanno a disposizione il posto fisso e l’indeterminato come lo è stato per i genitori. Si trovano a cambiare lavoro molto spesso a causa di contratti a tempo determinato non rinnovati e vivono sulla scia della precarietà. Questo ha effetto anche sullo stipendio che non sarà sicuro con una crescente precarietà economica. Inoltre, si sono abituati ad un alto grado di flessibilità, necessaria per contrastare tutta questa incertezza;
- Studio: la cosiddetta Generazione Z è impaziente. Dopo 3 o 5 anni sui libri universitari hanno investito molto sulla loro istruzione e si aspettano di trovare un impiego soddisfacente per entrare nel mondo del lavoro nel migliore dei modi. La maggior parte delle volte questo non accade. Hanno difficoltà a trovare un’occupazione dopo la laurea e vedono i loro sogni non realizzarsi mai, provocando insoddisfazione e sfiducia;
- Pandemia: le nuove generazioni sono le più colpite dalla pandemia degli ultimi anni, sia da un punto di vista personale che da un punto di vista professionale. Si sono aperte nuove sfide, come lo smartworking e la salute mentale, che per i giovani sono elementi a cui non vogliono rinunciare, per cui è fondamentale creare un nuovo paradigma del lavoro affinché le aziende possano attrarre i giovani talenti.
La precarietà del lavoro può avere conseguenze negative sulla salute mentale dei lavoratori. La mancanza di stabilità e sicurezza nell’occupazione, infatti, conduce a sentimenti di disagio, incertezza, ansia, stress e depressione.
In effetti, siamo anche a conoscenza che la cattiva salute mentale dei lavorati incide sul loro benessere generale, aumentando la loro vulnerabilità e il loro disagio.
Il lavoro, il covid e l’insoddisfazione
L’anno 2020 ha visto l’emergere di diverse problematiche sul lavoro, causate principalmente dalla pandemia di COVID-19, dalle misure di lockdown e dal distanziamento sociale che hanno colpito molte aziende. Tutto ciò ha contribuito ad accrescere l’insoddisfazione sul lavoro per diversi motivi:
- Precarietà dell’occupazione: si sa che l’incertezza lavorativa crea ansia e stress per molti lavoratori e questo influisce sul livello di benessere mentale;
- Difficoltà di adattamento al lavoro da remoto: molti lavoratori si sono ritrovati improvvisamente costretti a lavorare da casa, senza la giusta attrezzatura e senza la possibilità di interagire con i colleghi. Ciò ha portato a un senso di isolamento e a difficoltà di adattamento al nuovo ambiente lavorativo;
- Difficoltà a mantenere un equilibrio tra vita privata e lavoro: la difficoltà a lavorare da casa è legata anche alla maggiore confusione tra vita privata e vita personale senza un’adeguata suddivisione degli spazi. Inoltre, il work-life balance dipende anche dall’incapacità di gestire il flusso di lavoro senza limiti di orari. Difatti, un lavoratore in smart working è stimato che lavori più tempo perché si sente sempre reperibile senza confini e limiti tra ciò che il lavoro e ciò che è la sua vita al di fuori;
- Scarso supporto da parte dell’azienda: molti lavoratori si sono sentiti abbandonati dalle loro aziende durante la pandemia, con scarsa comunicazione e supporto da parte dei datori di lavoro;
- Disconnessione con la missione dell’azienda: la pandemia ha costretto molte aziende a rivedere le loro priorità e ad adattarsi a nuove situazioni. Ciò ha portato a una disconnessione tra la missione dell’azienda e le attività quotidiane dei lavoratori.
La pandemia ha portato a galla molte problematiche legate all’insoddisfazione sul lavoro e possiamo analizzare le cause più diffuse ad oggi per quanto riguarda l’insoddisfazione in azienda, le quali potrebbero continuare ad essere rilevanti nel futuro prossimo. Esse sono:
- Mancanza di opportunità di crescita professionale: la frustrazione che i dipendenti sentono maggiormente è quella che nasce quando non ci sono reali opportunità di crescita nella posizione lavorativa o nell’azienda. La possibilità di sviluppare nuove competenze e acquisire responsabilità maggiori può essere importante per la motivazione e la soddisfazione sul lavoro. Non bisogna sottovalutare la probabilità che il lavoratore insoddisfatto cominci a guardarsi intorno per cogliere nuove opportunità lavorative;
- Disconnessione con la missione dell’azienda: i dipendenti si sentono poco motivati se non hanno la sensazione di essere coinvolti nella missione dell’azienda o se non capiscono come il loro lavoro contribuisce al successo complessivo dell’organizzazione. E’ importante far sentire ogni lavoratore importante per l’azienda proprio grazie al ruolo che ricopre o alle mansioni che svolge;
- Scarso equilibrio tra vita privata e lavoro: questo tema caldo, che più volte riportiamo negli articoli del nostro blog, rispecchia la tendenza a lavorare sempre di più, anche da casa. Esso continua a generare stress e insoddisfazione tra i dipendenti che non riescono a mantenere un equilibrio sano tra vita privata e lavoro;
- Ambiente di lavoro tossico: l’insoddisfazione sul lavoro può essere causata anche da un ambiente di lavoro tossico caratterizzato da comportamenti poco professionali, micro-mobbing, bullismo o un clima organizzativo che non favorisce la collaborazione e la comunicazione tra dirigenti e dipendenti e tra i dipendenti stessi;
- Mancanza di riconoscimento: l’assenza di riconoscimento o di gratificazione per il lavoro svolto può portare a una sensazione di svalutazione e frustrazione nei lavoratori che avvertiranno insoddisfazione generale nella loro vita.
Questi sono solo alcuni dei fattori che potrebbero causare insoddisfazione in azienda, ma ci sono molti altri fattori specifici che potrebbero influire sulla situazione lavorativa di ciascun individuo.
È importante che le aziende cerchino di costruire un ambiente di lavoro che valorizzi e incentivi i propri dipendenti, offrendo opportunità di crescita e sviluppo, ma anche un clima organizzativo sano e collaborativo.
Quali sono le pratiche da mettere in atto per migliorare il senso di insoddisfazione in azienda? Ecco alcuni consigli pratici orientati al risultato che i datori di lavoro possono attuare, adottando politiche di welfare aziendale:
- Creare un ambiente positivo per promuovere la collaborazione, il rispetto reciproco, la comunicazione efficace e la mediazione per ridurre i conflitti;
- Fornire l’opportunità di sviluppo professionale attraverso corsi di formazione e di aggiornamento. Infatti, lo sviluppo di nuove competenze aiuta i lavoratori a raggiungere i loro obiettivi professionali e a migliorare il loro senso di soddisfazione generale;
- Riconoscere e premiare il successo. Non si tratta solo di aumentare la motivazione dei dipendenti quando lavorano bene, ma significa anche incentivarli e migliorare il senso di appartenenza all’azienda e la fiducia in essa, che a sua volta incrementa e potenzia significativamente il clima lavorativo in generale;
- Promuovere l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata. Si tratta in primis di garantire la salute mentale e fisica dei lavoratori, ma altresì di aumentare la produttività e la soddisfazione. Sostanzialmente, serve per stabilire dei limiti chiari (impostando orari di lavoro definiti e rispettando i giorni di riposo), gestire il tempo in modo efficiente (pianificando il lavoro per evitare di andare oltre l’orario prestabilito), sostenere un ambiente di lavoro flessibile, incoraggiare delle pause durante l’orario lavorativo per prevenire l’affaticamento e migliorare la concentrazione (le pause più intelligenti sono quelle dedicate alle passeggiate all’aria aperta o alla conversazione di qualità con i colleghi);
- Chiedere feedback. Se l’azienda chiede ai propri dipendenti cosa si può migliorare, le soluzioni saranno fornite dal basso e questo contribuirà a una rivoluzione in positivo più accettata;
- Sviluppare un piano di crescita dell’azienda per far si che tutti i lavoratori abbiano chiaro l’obiettivo dell’azienda e per identificare meglio ruoli e mansioni nel contesto;
- Stimare un salario adeguato sufficiente per soddisfare le esigenze di base del lavoratore e per consentire di risparmiare per il futuro e di avere un certo livello di sicurezza finanziaria. Esso deve essere trasparente e proporzionale alle competenze, all’esperienza e al livello di responsabilità del lavoratore.
Per concludere, è possibile affermare che la soddisfazione sul lavoro è un elemento cruciale per il benessere mentale e fisico delle persone.
Un alto livello di appagamento sul lavoro è spesso associato ad una maggiore produttività, una maggiore motivazione e una maggiore fedeltà all’azienda. Al contrario, un basso livello di soddisfazione sul lavoro può portare a un maggiore assenteismo, un cambio più frequente del personale e una minore produttività.
“La soddisfazione personale è l’ingrediente più importante del successo”
Denis Waitley