COMUNICAZIONE FACCIA A FACCIA: l’importanza della presenza reale.
In un’epoca caratterizzata dalla comunicazione liquida, trovarsi in una comunicazione faccia a faccia nel corso di un dialogo non può essere dato per scontato. Si tratta invece di un dono prezioso, di cui far tesoro e dal quale prendere il più possibile.
Questo articolo è dedicato proprio alla comunicazione faccia a faccia, una risorsa che veniva percepita ingiustamente come una sorta di minaccia o perdita di tempo, ma che il covid con la sua iperbole contraria non ha fatto altro che rivalutare.
Schermo o volto?
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La modalità di comunicazione più immediata sta diventando quella digitale: mandiamo messaggi per fare gli auguri, ma anche per porgere le nostre condoglianze, per coccolare qualcuno, ma anche per litigarci, per “scambiare quattro chiacchiere” o per tenere traccia di scambi importanti.
Le situazioni in cui prestiamo il volto agli scambi interpersonali si fanno sempre più rare, e se in ambito privato possiamo prenderci il lusso di scegliere comunque il canale comunicativo che più ci aggrada, in ambiente lavorativo dobbiamo sforzarci di mantenere vivo il faccia a faccia in tutte le sue preziose sfaccettature.
Parlare faccia a faccia sul lavoro
Ci sono situazioni professionali in cui è fondamentale non degradare la complessità dello scambio utilizzando le “scorciatoie” offerte dagli altri canali comunicativi. Certo, la tentazione di delegare a una mail il compito di portare una brutta notizia (o un disaccordo spinoso) può essere forte, ma per il bene del nostro ambiente lavorativo vale la pena di fare uno sforzo.
Azioni importanti come la supervisione, la motivazione e le strategie di team building hanno un grande bisogno di interazioni faccia a faccia, perché nessuna strategia è tanto efficace quanto la comprensione dell’altro che nasce dall’osservazione diretta.
Per incentivare un collega o un dipendente, per esempio, è fondamentale saper inviare messaggi chiari e positivi che sappiano cogliere nel segno tenendo conto dei valori e dell’individualità del nostro interlocutore. La motivazione personalizzata supera di gran lunga quello che si potrebbe ottenere con una generica e-mail al personale o con una telefonata di circostanza.
La comunicazione mediata da un dispositivo (fosse anche la “preistorica” carta da lettera) priva lo scambio di quella dimensione di comprensenza che è l’unica garante di una globale e corretta comprensione di testo, contesto e ambiente. Se è vero che non basta un’emoji per veicolare correttamente il tono di un’osservazione, è altrettanto ovvio che un’e-mail o un messaggio WhatsApp non sanno offrire e restituire un visione completa dell’interazione.
Comunicazione Faccia a faccia: l’esempio di Hewlett Packard
La multinazionale statunitense sta all’origine di un metodo molto interessante coniato negli anni ’70: la gestione MBWA (“Management by wandering around”), ovvero quella portata avanti camminando tra gli uffici (e quindi tra le persone).
Il fulcro di questa visione del management sta proprio nell’atto di evitare volutamente la possibilità della mediazione non strettamente necessaria – ovvero: “perché nascondersi dietro una scrivania o un monitor se possiamo fare due passi e parlare faccia a faccia con il nostro interlocutore?”
Per HP la capacità di confrontarsi continuamente con gli altri è una delle chiavi per la costruzione di un ambiente di lavoro positivo e vantaggioso, ma sfortunatamente non basta un esempio per cambiare le pratiche di milioni di persone.
Parlare faccia a faccia: management attivo
Ammettiamolo: spesso la preferenza per il messaggino in luogo del confronto diretto è dettata da semplicissima quanto potente pigrizia. D’altro canto, un buon management è un management attivo, per cui combattere l’indolenza è nell’interesse di tutti.
Anche se moltissimi manager sono sinceramente convinti dei pregi della gestione “check-off”, in cui “nessuna notizia equivale a una buona notizia”, è arrivato il momento in cui i leader debbono rimboccarsi le maniche e sporcarsi con quella materia complessa e stupefacente che è il confronto diretto.
Nell’ottica del miglior successo organizzativo, infatti, la vera intelligenza sta nel creare connessioni e supporti individuali per raggiungere le il massimo in termini di prestazioni.
C’è una buona notizia: secondo una ricerca condotta nel 2009 dallo University College of London, è possibile prendere una nuova abitudine attraverso una ripetizione della durata di 66 giorni, e per diventare un buon manager o un leader migliore vale la pena impegnarsi per poco più di due mesi.
Di seguito trovi una breve lista di semplici azioni che possono aiutarti a migliorare il tuo stile di gestione del lavoro:
- Contatta ciascuno dei tuoi colleghi almeno una volta al giorno al telefono o di persona
- Incontra i tuoi colleghi almeno una volta a settimana
- Condividi un pasto con i tuoi colleghi almeno una volta al mese
- Smetti di scrivere e-mail quando non è necessario: alza il telefono e, se possibile, preferisci l’interazione faccia a faccia
- Imponiti di imparare qualcosa di nuovo su ognuno dei tuoi contatti
In fondo sappiamo tutti che la buona gestione è uno di quei comportamenti che spesso trascuriamo di sviluppare fino a che non si verifica un problema, o finché la baracca non smette di funzionare.
Essere uno sviluppatore proattivo del proprio ambiente di lavoro può essere faticoso, ma i vantaggi sono di gran lunga più forti e numerosi degli sforzi richiesti.
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