Creativi si nasce o si diventa? Imparare la creatività
La creatività è uno degli aspetti più affascinanti della mente umana, ma come si sviluppa?
È un attributo innato (un “talento naturale”) o una capacità che si può maturare, allenare e accrescere?
Insomma: “ci sei o ci fai”? In questo articolo esploriamo le possibilità di una didattica per la creatività, ovvero di possibili soluzioni per “imparare” come sviluppare ed esercitare le nostre facoltà immaginative.
Pensiero convergente e pensiero divergente
Quando parliamo di pensiero umano, il significato che attribuiamo più spesso all’espressione è quello popolare, ovvero la “facoltà del pensare” intesa come “l’attività psichica mediante la quale l’uomo acquista coscienza di sé e della realtà” (Treccani). Una declinazione dell’iconico penso dunque sono, ma anche la dimostrazione che sono, quindi non posso non pensare.
A livello psicologico, l’atto del pensare definisce una serie di attività psichiche superiori che ne distinguono la tipologia in base al risultato: siamo infatti capaci di elaborare un pensiero razionale (es. induzione/deduzione), un pensiero intuitivo (riorganizzazione non lineare delle informazioni) e anche di produrre il nostro caro pensiero creativo, ovvero la capacità di immaginare “qualcosa che non c’era”, come una soluzione innovativa a un vecchio problema o, ancora, un problema nuovo di zecca che non era ancora stato posto.
L’identificazione del pensiero convergente e di quello divergente è un debito che abbiamo con Joy Paul Guilford, uno psicologo americano conosciuto principalmente per i suoi studi psicometrici sull’intelligenza umana.
A metà del secolo scorso il ricercatore individua sei operazioni che possono rappresentare l’insieme dei processi intellettivi di cui siamo capaci:
- la cognizione, ovvero la capacità di comprendere dati e informazioni;
- la memoria, nella duplice funzione di assimilazione e conservazione;
- la produzione divergente, intesa come capacità di produrre pensiero creativo;
- la produzione convergente, intesa come abilità di problem-solving su base logica;
- la valutazione, ovvero la capacità di valutare la qualità di un’informazione.
In questa sede, le nozioni che ci interessano di più sono quelle di produzione convergente e produzione divergente.
Iniziamo dalla prima: il pensiero convergente è frutto di un percorso logico caratterizzato da linearità e consequenzialità, ed è quello che impieghiamo più spesso per risolvere i problemi più comuni applicando procedimenti che abbiamo già interiorizzato.
Esempio: stiamo utilizzando il pensiero convergente quando ci serviamo delle tabelline per semplificare un calcolo, ovvero quando intraprendiamo una strada conosciuta per raggiungere efficacemente una soluzione standardizzata.
Il pensiero convergente è, a livello applicativo, l’esatto opposto, ovvero la capacità di trovare una o più soluzioni non prefissate per un dato problema.
Esempio: vogliamo provare l’ebbrezza di andare a tutta velocità lungo una discesa ghiacciata ma non possediamo uno slittino.
Il pensiero divergente ci suggerisce le possibili alternative: utilizzare un sacco dell’immondizia, montare a cavallo di una vecchia valigia o sedersi sul tappo di un grosso secchio, o su un vassoio di metallo. Il succo del pensiero divergente sta proprio qui: stesso problema, tante soluzioni.
Come riconoscere il pensiero divergente
Secondo Guilford, il pensiero divergente è caratterizzato da quattro elementi:
- fluidità, intesa come abilità di generare un gran numero di soluzioni;
- flessibilità, ovvero l’elasticità che ci consente di passare da un approccio all’altro;
- originalità, intesa come propensione a formulare idee personali diverse da quelle di massa;
- elaborazione, ovvero la capacità di concretizzare le soluzioni che abbiamo immaginato.
Per riconoscere il nostro e valutarne lo “stato di salute” dobbiamo prima di tutto prenderci cura delle nostre facoltà mentali (per esempio garantendo alla mente il giusto riposo, limitando lo stress e affrontando eventuali stati di disagio psico-emotivo). In un momento di calma in cui ci sentiamo sufficientemente svegli e rilassati, possiamo mettere alla prova il nostro pensiero divergente nel modo più classico: risolvendo (o creando) indovinelli.
Pensiero divergente e pedagogia
L’impostazione tradizionale di molti sistemi di studio tende a reprimere la creatività dell’individuo considerandola come una sorta di elemento di disturbo, qualcosa che impedisce alla persona di concentrarsi o di assorbire conoscenza.
Oggi sappiamo che, contrariamente a questa credenza, il pensiero divergente è una risorsa preziosissima per interiorizzare ciò che vogliamo (o dobbiamo) apprendere grazie al ricorso estensivo a riflessioni personali e canali di pensiero originali.
A livello scolastico e accademico, così come nel caso della formazione continua, la modalità laboratoriale si configura come una delle soluzioni didattiche più adeguate per lo sviluppo e l’allenamento del pensiero laterale.
Se a metà del secolo scorso la didattica cognitivista aveva già posto le basi per una percezione dell’apprendimento configurato come elaborazione soggettiva della materia (e quindi non più come semplice “assorbimento” unilaterale), allo stesso tempo la psicologia costruttivista suggerisce che la conoscenza sia addirittura il frutto dell’esperienza relazionale tra un soggetto attivo e la realtà, ovvero qualcosa da costruire in prima persona attribuendo significato alla nostra esperienza del mondo.
Secondo il pedagogista John Dewey, ad esempio, la creatività non è una caratteristica esclusiva delle persone “talentuose”, bensì una capacità educabile che esprime il massimo delle proprie potenzialità nei contesti formativi in cui la divergenza viene promossa e sollecitata attraverso il rinforzo positivo offerto ai comportamenti creativi – cioè nelle situazioni formative in cui il pensiero laterale non soltanto non viene censurato, ma viene amorevolmente nutrito.
In questa prospettiva, una strategia didattica creative-friendly è un percorso che avrà come finalità fondamentale quella di “insegnare a imparare”.
Lo scopo non sarà più soltanto stimolare i discenti in modo che forniscano quante più soluzioni originali a problemi sempre diversi, ma anche (e soprattutto) incentivare insieme creatività e spirito critico in modo che l’individuo non si limiti a trovare risposte a domande preesistenti ma giunga a porne di nuove e personali.
Nel “Dizionario dell’educazione”, M. Pacucci associa la creatività a quattro sostantivi e altrettanti verbi e aggettivi. I sostantivi sono fantasia, innovazione, originalità e voglia; i verbi sono elaborare, innovare, inventare e promuovere; e infine gli aggettivi selezionati sono creativo, ingegnoso, innovatore e originale.
A quante di queste parole senti di corrispondere? Su quali vorresti lavorare?
Come invito a esercitare la tua creatività (come dono e come abilità in divenire) ti lasciamo con una citazione di un autore che è stato anche un luminoso esempio di pensiero laterale: Gianni Rodari.