DATA STORYTELLING – perché i numeri meritano di non essere noiosi
Chi lo sa, dà spesso per scontato che lo sappiano tutti, e chi non lo sa preferisce glissare per non fare brutta figura. Se poi includiamo chi crede di aver capito ma in realtà ha confuso il concetto con l’analisi dei dati o con la data exploration, allora possiamo goderci il quadro tragicomico della situazione.
Leggendo questo articolo scoprirai cos’è il Data Storytelling, ma non solo: quello che ci interessa di più è trasmetterti un’idea del suo potenziale, perché potresti scoprire che è proprio la risorsa che stavi cercando.
Data Storytelling: perchè?
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L’ossessione per i Big Data è l’evoluzione di un chiodo fisso che sta al centro della nostra cultura del lavoro: “i numeri”. Che siano cifre relative alla salute aziendale, al settore di riferimento, ai risultati dei competitor o allo stipendio di un certo collega, i numeri condizionano fortemente il nostro pensiero e determinano più di tanti altri fattori l’indirizzo delle nostre decisioni.
Qualche anno fa il matematico e scrittore britannico Alex Bellos, incuriosito dalla frequenza con cui i suoi fan gli chiedevano se avesse un numero preferito, ha fondato un website temporaneo chiamato Favouritenumber con il preciso scopo di creare una classifica dei numeri più amati al mondo.
La ricerca ha visto la partecipazione di più di 44.000 utenti, e Bellos ha potuto rintracciare dei pattern interessanti: se spesso il numero preferito era il frutto di un sentimentalismo (data di nascita, anniversario et c.), è anche vero che alla sua selezione concorrevano motivazioni culturali o psicologiche.
Ad esempio, afferma Bell, i numeri che terminano in 0 o 5 hanno molte meno probabilità di essere scelti. Perché? Semplice: perché i numeri che finiscono in 0 sono “tondi”, e il 5 viene largamente impiegato per le approssimazioni e quindi, secondo Bellos, gli individui sono meno disposti a scegliere qualcosa di “vago” come numero preferito.
A livello culturale, assonanze e relazioni hanno sicuramente un peso non indifferente: prendiamo i numeri 8 e 4, rispettivamente la cifra più amata e più evitata dal popolo cinese a causa della loro sonorità (l’8 ricorda la parola “prosperità”, mentre il 4 suona sinistramente come la parola “morte”). Insomma, nessuno si stupirebbe davanti a un napoletano che non vuole indossare la casacca numero 71 (se non l’hai capita, devi consultare l’iconica Smorfia
I numeri pervadono il nostro quotidiano così come il nostro modo di pensare, e per questo rivestono un ruolo assolutamente cruciale nei processi decisionali.
Se hai mai partecipato a una riunione aziendale, e immaginiamo di sì, avrai notato che ad un certo punto entrano invariabilmente in campo delle cifre: numeri che esprimono dati legati al fatturato, alla produzione, alle vendite, alle ultime ricerche di mercato.
Questo ci porta a una domanda fondamentale:
“Che succede quando ti trovi davanti una, due, tre slide piene di numeri?”
Vogliamo scommettere sulla sincerità, quindi rispondiamo al posto tuo: sottoposti a una cascata di numeri e dati sentiremo prima un lieve formicolio (“Perché sono ancora qui?”), poi un tremore al piede (“Potrei fingere di dover andare in bagno…”), infine una sensazione di invincibile torpore (“Il neon più vicino non funziona: se chiudo un attimo gli occhi non se ne accorgerà nessuno”).
Al termine della riunione, lo speaker sarà fortunato se nessuno avrà coperto le sue -sicuramente interessantissime- digressioni con un sonoro russare.
Questa riflessione innesca un altro interrogativo:
“È possibile rendere una cascata di numeri interessante?”
La risposta è: decisamente sì. La chiave? Il Data Storytelling – ed eccoci arrivati al punto.
Data Storytelling: di cosa stiamo parlando?
É lo strumento che ci permette di dare una bella voce suadente e accattivante ai dati che vogliamo esporre. Una traduzione in italiano del concetto potrebbe essere “narrazione di storie attraverso i dati”, una perifrasi sicuramente meno incisiva che però viene in soccorso di tutti coloro che non hanno grandissima familiarità con la lingua della Regina.
Il succo della questione, quindi, è riuscire a dare ai numeri una dimensione narrativa capace di far breccia nell’attenzione dei nostri interlocutori. Pensandoci un attimo, il perché è abbastanza logico: la parola è stata il primo reale mezzo di espressione dell’essere umano, quello che l’ha distinto dagli altri animali, e la forma del racconto è con grande probabilità il primo medium di trasmissione del sapere che la nostra specie ha adottato.
Immagina di dover spiegare a un bambino di quattro anni perché è importantissimo che non si avvicini al ferro da stiro acceso: “non toccare lì: il ferro è molto caldo, e se ci mettessi vicino la manina ti faresti male”, oppure “quando ero piccolo ho toccato il ferro da stiro con un dito e mi sono fatto una bua così grande e rossa che mi hanno dovuto portare dal dottore per fare una puntura” (il buon sano terrorismo psicologico di una volta in a nutshell).
Perché preferiamo un approccio narrativo al semplice “Non toccare lì”? Beh, perché non nutriamo dubbi sul fatto che una storia funzioni sempre più di un’informazione “nuda e cruda”.
Ora, però, non dobbiamo perdere di vista il fatto che stiamo parlando di dati, quindi, spesso, di meri numeri (tanti, tantissimi numeri). Pensando alla divulgazione dei dati è abbastanza intuitivo il fatto che difficilmente useremo il pentametro giambico shakespeariano per esporre in rima i risultati dell’ultimo trimestre. Cosa scegliamo di solito? I grafici, decisamente. A colonne o a torta, lineari o pieni di icone, coloratissimi o b/n.
Questo ci porta a decostruire con sufficiente semplicità gli elementi che compongono il Data Storytelling – che a questo punto sappiamo già non essere un poema cavalleresco, ma nemmeno un foglio Excel.
Il Data Storytelling è una ricetta a tre ingredienti: Data Science, Narrativa e Visual.
- Data Science
Se dobbiamo parlare di dati, è abbastanza scontato che questi debbano essere il nostro punto di partenza. Abbiamo bisogno, prima di tutto, di dati esatti, interpretabili e possibilmente aggiornati.
- Narrativa
Vogliamo evitare il power nap collettivo della nostra platea? Come abbiamo visto, in questo caso è indispensabile adottare un approccio narrativo, ovvero raccontare il contenuto dei dati e il contesto di analisi senza dimenticare di descrivere le informazioni generate.
- Visual
Come ci insegnano i fumetti e le emojis, per raccontare qualcosa non servono per forzale parole (che restano comunque protagoniste indiscusse del nostro pensare/parlare). I grafici non sono il male: il male è farli (appunto) male – ovvero brutti, poco leggibili, confusi o ridondanti.
Data Storytelling: applicazione
Ora che abbiamo capito cos’è e come viene composto, è il momento di rispondere alle tre domande che il tuo pubblico ha in testa:
- Cosa?
- Perché?
- … e allora?
I dati che vuoi presentare rispondono soltanto alla prima domanda. Per soddisfare il secondo interrogativo, ma sopratutto per sciogliere il terzo, il numerino non basta. Devi spiegare cosa significa quel numero, che informazioni ci offre, e sopratutto chiarire perché è così importante per ogni persona del tuo pubblico.
Nessuno è disposto a concentrarsi su qualcosa se non vede un benefit all’orizzonte: serve anche a questo, a spiegare al tuo interlocutore che quello che potrebbe sembrare “solo” un numero in realtà è una botola pronta a trasportarlo in universo di cui non ha idea.
I dati presentano la realtà, ma la narrazione costruisce contesto e sviluppo: quello di cui hai bisogno per spiegare il tuo punto e trasmettere informazioni preziose.
Data Storytelling: da dove si parte?
Per iniziare la tua avventura devi recuperare i dati di tuo interesse e, per prima cosa, riconoscere i pattern che creano relazioni utili a generare contenuti informativi (ricordi quello che ha fatto Bellos con i numeri preferiti?). A questo punto, una volta creata una mappa delle connessioni che mettono in relazione i diversi dati per creare informazione, è il momento di concentrarsi sulla Data Visualization: sintetizzare graficamente i nostri numeri in maniera chiara, semplice, accattivante e, soprattutto, immediatamente comprensibile.
A questo punto la tua presentazione Power Point non sarà più una distrazione o qualcosa che farà venire al tuo pubblico un’irresistibile bisogno di sbadigliare, ma sarà finalmente un supporto integrato davvero utile a veicolare nel migliore dei modi i tuoi contenuti.