Visual Journalism: immagini per un giornalismo “senza parole”
Il Visual Journalism è una forma di comunicazione nata come evoluzione del fotogiornalismo e dettata dalle nuove esigenze dei lettori, soprattutto quelli digitali.
In rete come sulla carta stampata, un numero sempre crescente di persone non ha il tempo, l’energia o la voglia di soffermarsi su testi lunghi e complessi. In poche parole, il popolo del nuovo lettore medio predilige una forma di comunicazione diversa, capace di riassumere i contenuti in maniera efficace, piacevole e (soprattutto!) breve.
In quest’ottica, il Visual Journalism sembra essere uno strumento ideale per veicolare informazioni e concetti in maniera diretta e fruttuosa. Scopriamo insieme perché.
Cosa significa Visual Journalism?
Contenuti
Letteralmente, il termine Visual Journalism può essere tradotto come “giornalismo visivo”.
Di base si tratta di una metodologia espressiva che combina testo, immagini e layout in modo da dare particolare importanza alle componenti iconografche del testo – cioè a quelle propriamente visive.
E allora, dove sta la diferenza con il giornalismo tradizionale?
Semplice: mentre nel caso “classico” troviamo le immagini a corredo e completamento del testo, nel Visual Journalism i contenuti visivi godono di una maggiore importanza e di una posizione privilegiata all’interno del layout.
Foto, grafiche, video: le caratteristiche del Visual Journalism
Le immagini accompagnano la comunicazione stampata dai suoi albori, sotto forma di disegni, vignette e -soprattutto nel corso del ‘900- fotografe.
Il Visual Journalism, però, sfrutta le immagini per uno scopo preciso: veicolare al lettore tutti quei contenuti che, se espressi attraverso le parole, potrebbero annoiarlo, o perdere la sua attenzione.
Nel Visual Journalism foto, illustrazioni, infografche e (nel caso del giornalismo digitale) contenuti video non rappresentano un arricchimento del testo, bensì un vero e proprio strumento esplicativo.
Un piccolo passo indietro: Visual Storytelling + Data Journalism
Per i motivi appena menzionati, il Visual Journalism appare come l‘unione perfetta di altre due fortunate tendenze: il giornalismo dei dati e lo storytelling visivo.
Il cosiddetto “giornalismo dei dati” è caratterizzato dall’approccio scientifco preso in prestito dalle scienze sociali. Grazie a strumenti come la statistica descrittiva, il confronto di documenti e la realizzazione di mappe e sondaggi, il Data Journalism ha l’obiettivo di fornire al lettore un’analisi il più possibile scientifca e puntuale dei temi trattati.
D’altro canto, è innegabile che il lettore contemporaneo sia più attratto da forme e colori che da cifre e simboli – a pensarci bene, non usiamo forse disegni o colori diversi per rendere più chiaro e intrigante un istogramma o un grafco a torta?
Grazie alla “grammatica visiva”, ovvero all’insieme di regole che ci permette di comunicare efficacemente attraverso le immagini, il Visual Storytelling è capace di raccontare storie attraverso fotografe, illustrazioni, animazioni o video. Ci ricorda qualcosa?
Il Visual Journalism si è appropriato delle tecniche del Giornalismo dei Dati e le ha messe in pratica utilizzando gli strumenti dello storytelling per immagini, realizzando una fusione perfetta tra contenuti esatti e piacevolezza formale.
Il risultato? Informazioni veritiere confezionate in modo originale e accattivante, per ofrire al lettore contenuti di valore accessibili con il minimo sforzo.
La Storia e le storie in immagini
Tutti sappiamo di essere stati bambini, ma pochi di noi ricorderebbero la propria infanzia con la stessa defnizione se non fosse per le immagini restate a testimonianza.
La stessa cosa, con la dovuta scalabilità, accade da diversi decenni con l’informazione.
Gli eventi dell’11 Settembre stanno tutti in una manciata di scatti: l’aereo lanciato contro la seconda torre, L’Uomo che cade immortalato da Richard Drew e l’iconica Raising the fag di Thomas E. Franklin, foto in cui tre vigili del fuoco innalzano la bandiera americana sulle rovine di Ground Zero con una costruzione drammaticamente simile a quella dei sei marines ritratti a Iwo Jima da Joe Rosenthal nel 1945.
A trent’anni di distanza, la protesta di piazza Tienanmen sta ancora tutta nella fotografa scattata da Jef Widener al Rivoltoso sconosciuto che dà il nome allo scatto, un uomo in piedi che fronteggia quattro carri armati.
Se il mondo si fa sempre più complesso, le immagini (di qualsiasi natura e tipologia) ci ofrono prospettive cui aggrapparci per cogliere, comprendere e ricordare il senso delle cose.
Una fotografa può raccontare la Storia – e allora perché non usare un’infografca (o un’animazione) per rendere più accessibili, e immediatamente visualizzabili, i contenuti che vogliamo comunicare?
Tutti guardano, pochi leggono
Il semplice fatto di essere alfabetizzato non basta a trasformare l’uomo in lettore.
Quando riceviamo un volantino, l’occhio salta per primo su ciò che è più attraente (una foto, un disegno, una scritta in caratteri curiosi). Quando scorriamo il nostro feed di Facebook, il nostro pollice apprezza più facilmente (e rapidamente) i contenuti visivi piuttosto che quelli testuali.
Non a caso è proprio Instagram, il social media in cui l’immagine possiede una centralità assoluta, ad essere uno dei preferiti dagli utenti più giovani – e non solo.
La missione dei comunicatori contemporanei ha un obiettivo complesso: guadagnare l’attenzione del visual observer e mantenerla il tempo necessario a veicolare i propri contenuti.
Che si tratti di pubblicità, di cronaca o di divulgazione scientifca o culturale, oggi è essenziale riservare all’apparato visuale un posto (e un ruolo) di prim’ordine all’interno del nostro assetto comunicativo.
Di conseguenza, per afrontare la sfda del Visual Journalism occorre dotarsi di strumenti affidabili e diversifcati: non più “soltanto” una scrittura corretta e avvincente, ma anche una cultura visiva del progetto capace di utilizzare nel modo più vantaggioso layout, colori, illustrazioni ed altri espedienti di narrazione per immagini.
Semplificare per centrare il bersaglio
Il Visual Journalism è un antidoto contro la pigrizia del lettore svogliato o impaziente.
Grazie a un layout accattivante e leggero, che toglie la priorità al testo per darla alle immagini, l’occhio dell’utente percepisce immediatamente il contenuto che ha davanti come più semplice, e quindi come più piacevole.
Un esempio perfetto di Visual Journalism da manuale è rappresentato dal progetto “Repubblica Popolare di Bolzano” frmato da Matteo Moretti, un’inchiesta multimediale sulla comunità cinese nel capoluogo sudtirolese che nel 2015 si è aggiudicata un Data Journalism Award.
E quindi: perché rinunciare a comunicare soltanto perché il tuo lettore è pigro?
C’è una chiave giusta per ogni porta: trova quella più adatta a te e alla tua comunicazione.
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