TRANSDISCIPLINARIETÀ – la nuova frontiera del problem solving
In un momento storico in cui siamo a contatto con macchine piene dei dati più disparati, su soggetti ed argomenti diversi, ma sempre tutti interconnessi, tra le altre skills del futuro nasce e cresce la necessità di sviluppare la cosiddetta “transdisciplinarità”.
La conoscenza non è più unitaria: ci troviamo davanti ad una enorme complessità della realtà, per cui la semplice giustapposizione di discipline non è più sufficiente. Come problem solving di situazioni complesse serve un approccio diverso, più articolato, un’integrazione di punti di vista, la transdisciplinarità per l’appunto.
Questo è anche il cardine dell’opera del CIRET – Centre International de Recherches et Études Transdisciplinaires, un’associazione, nata a Parigi nel 1987, che si pone lo scopo di sviluppare la sua attività di ricerca con un nuovo approccio scientifico e culturale, basato, ovviamente, sulla transdisciplinarità, derivante dall’influenza reciproca e continua delle diverse scienze esistenti.
LA TRANSDISCIPLINARITÀ NEL PROBLEM SOLVING
Contenuti
“Transdisciplinarity is the “intellectual space” where the nature of the manifold links among isolated issues can be explored and unveiled, the space where issues are rethought, alternatives reconsidered, and interrelations revealed.” (UNESCO – Division of Philosophy and Ethics, 1998)
Secondo la definizione dell’Unesco, la transdisciplinarità è quello spazio intellettuale dove le connessioni tra diversi argomenti isolati possono essere esplorate e svelate.
In altre parole, consiste nell’essere in grado di maneggiare facilmente questa diversità di argomenti e le relazioni tra di essi. Se si connettono e si integrano le persone e gli argomenti di discussione, e se aumenta la complessità, perché non si dovrebbero connettere ed integrare le competenze personali?
Il concetto di competenza specialistica, con conseguente ed inevitabile frammentazione della conoscenza, è ormai superato, facciamocene una ragione!
Per comprendere e fronteggiare la complessità moderna e l’immensità di informazioni e problemi a cui siamo esposti continuamente, è necessario creare dei processi complessi ed integrati, perché la semplice mono-disciplinarità, lasciateci passare il termine, non riesce più a rispondere a determinate domande di problem solving.
La peculiarità del problem solving tramite approccio transdisciplinare sta proprio nel modo in cui le discipline che entrano in gioco collaborano per arrivare al loro scopo ultimo, peculiarità che lo distingue da quello multi- e interdisciplinare.
MULTIDISCIPLINARITÀ NEL PROBLEM SOLVING
La multidisciplinarità affronta il problema di fondo unendo più discipline in maniera puramente “additiva”, senza un vero e proprio dialogo. Hugh G. Petrie evidenzia come generalmente questo abbia inoltre delle conseguenze solo nel breve termine. È così infatti che lo definisce: “it is a group work rather than a team work”.
Un lavoro di gruppo e non di squadra, fatto di tanti punti di vista messi insieme che vogliono raggiungere uno stesso scopo. Anche con questo metodo in ambito problem solving si può avere un punto di vista multiplo anche se come detto puramente additivo e non con connessioni in grado di aiutare il processo.
INTERDISCIPLINARITÀ NEL PROBLEM SOLVING
L’interdisciplinarità muove in una direzione un po’ più integrante rispetto alla precedente: in questo caso le discipline si modificano nei loro concetti o strumenti, per mezzo di altre. In questo approccio però, quelle che collaborano e si modificano sono delle discipline vicine tra loro, che per loro natura hanno dei punti di raccordo.
Il termine transdisciplinarità nasce invece nel 1970 ad opera di Jean Piaget, psicologo, filosofo e biologo Svizzero. La definizione indica un approccio che allo stesso tempo oltrepassa ed intreccia diverse discipline, passando per il rifiuto della frammentarietà della conoscenza, puntando invece ad una comprensione integrata ed unitaria del mondo.
Avete notato come si sviluppino sempre nuove discipline, cosiddette di frontiera?
Meccatronica, biotecnologie ecc, tutte nascono dal matrimonio di due scienze, dal genio di individui che hanno saputo unirle e farle parlare, che hanno saputo gestire al meglio la complessità di alcuni fenomeni, e la diversità delle due discipline, creando una sinergiatra di esse, dando vita a qualcosa di nuovo. Solo con l’unione di due punti di vista così diversi si è potuto risolvere problemi ed analizzare fattori finora rimasti nel buio.
Ed è proprio questa sinergia che contraddistingue l’approccio transdisciplinare dai precedenti, quello multidisciplinare e interdisciplinare.
Nell’approccio transdisciplinare non si tratta di un’addizione di discipline, ma di una loro collaborazione e modificazione reciproca.
Come un’orchestra fatta da strumenti che suonano insieme per creare una melodia, non è l’orchestra più numerosa quella migliore, o quella che ha al suo interno i musicisti che suonano meglio i loro strumenti. È quella che sa coordinare e sfruttare al meglio tutti i suoi componenti, per quanto diversi, dando vita alla musica più bella, tramite la perfetta sincronizzazione e collaborazione del gruppo.
In questo momento di unione, l’approccio non si deve ridurre però all’applicazione di procedure automatiche già radicate nelle singole discipline, o di formule pronte all’uso; piuttosto si devono seguire dei criteri esistenti, creando però ex-novo dei processi più complessi ed integrati.
Prendiamo l’esempio della meccatronica. Mette insieme meccanica, elettronica ed informatica, per realizzare dei sistemi meccanici intelligenti, tramite l’utilizzo di software informatici e circuiti elettrici. Non si tratta solo di collegare i componenti, ma di far in modo che la vita quotidiana sia semplificata, tramite la creazione di prodotti “smart”, che cambiano funzionamento grazie all’automazione ed appunto all’integrazione delle tre discipline.
Solo coordinando diverse discipline e superando i loro singoli confini si potrà espandere ancora e continuamente la conoscenza, rispondendo alla sempre crescente complessità del mondo moderno, finché – forse utopisticamente parlando – si potrà raggiungere la conoscenza universale ed unitaria.
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