Il bilancio delle competenze, l’arma di sviluppo della persona e del suo talento

Nel sentire comune si fa fatica ad abbinare la parola “bilancio”, che ci rimanda alla mente numeri e cifre matematiche, al mondo delle risorse umane. Quando si parla di “bilancio delle competenze”, dunque cosa si s’intende? Come è possibile applicare un concetto finanziario come quello di bilancio alle persone? In effetti lo si fa alle loro competenze e, se fatto nella maniera più giusta, ovvero la più efficace, ci si ritrova per le mani un utilissimo strumento di orientamento nell’ambito delle Human Resources Management.
Il bilancio delle competenze consiste in una valutazione analitica e sistematica delle competenze personali e professionali della risorsa umana al fine di indirizzarne al meglio lo sviluppo in ambito lavorativo, cioè per affiancarla nelle scelte professionali ottimizzando al massimo le caratteristiche professionali combinate alle conoscenze e alle competenze, in un determinato contesto.
Le risorse alle quali può essere rivolto tale percorso si possono trovare in diverse fasi della loro vita personale e/o professionale: al termine del percorso di studi o di tirocinio per verificare conoscenze e competenze e indirizzare le scelte lavorative successive (in questi casi si parla di orientamento e collocamento), al cambio di mansione o azienda (ricollocamento), al rientro al lavoro dopo un periodo di pausa (reinserimento) oppure per valutare la crescita professionale e gli sviluppi di carriera (periodico-valutativo). Per arrivare al termine del percorso saranno necessarie più sedute di incontro tra consulente e risorsa, i momenti di confronto e valutazione saranno svolti in un arco temporale consistente che permetta, con l’ausilio di materiali strutturati, la definizione degli step futuri e la sedimentazione delle conoscenze acquisite. Al termine della valutazione di bilancio vera e propria potranno poi esserci degli incontri che potremmo definire di affiancamento alla risorsa mentre muove i primi passi all’interno del progetto professionale individuato.
I prodotti del bilancio delle competenze, da un punto di vista documentale, saranno essenzialmente tre: il portafoglio delle competenze, il progetto professionale e un documento di sintesi ovvero una relazione scritta dell’esperienza, oltre che tutti i test e le schede di analisi e autoanalisi somministrati.
Dato per assodato che il bilancio delle competenze andrebbe fatto principalmente perché se ne riconosce la grande utilità in campo professionale (possono esserci anche molte altre ragioni, non meno legittime, che definiremo burocratiche, che possono motivare la scelta di farlo), bisogna stare attenti a non cadere nell’empasse delle “scartoffie”: i test di analisi e autoanalisi devono essere schematici, i report dei colloqui sintetici ed i risultati della valutazione in genere devono essere immediatamente accessibili, chiari ed intuitivi: in una parola utilizzabili. Se il motivo che davvero spinge a mettere in moto tutto il processo non è puramente di facciata, ne motivato dal bisogno di rispondere a norme di qualità o di altro genere, se le informazioni risultanti dal bilancio non sono destinate a rimanere chiuse in un faldone ed esibite quando dovuto, ma verranno davvero utilizzate per indirizzare e migliorare la vita professionale di una risorsa, allora sarà fondamentale che le evidenze risultanti possano essere fruite in maniera semplice, anche se mai semplicistica.
Fin qui abbiamo evidenziato l’importanza della sistematicità, della schematicità e del supporto matematico che deve necessariamente stare alla base di un buon percorso di bilancio delle competenze. Non bisogna però pensare di aver detto tutto. Non commettiamo l’errore di limitarci a questa parte analitica, stiamo pur sempre parlando di risorse umane, di persone, una variabile che spinge il processo ben oltre la staticità dei numeri e delle valutazioni su carta. È fondamentale intendere il bilancio delle competenze come il punto di partenza di un processo che conduca ad uno sviluppo del talento della risorsa.
Questo momento non può essere relegato nella sfera della professionalità distaccata ma deve invece creare empatia tra i due attori, consulente e risorsa, perché solo entrando nell’ambito delle emozioni si riescono a individuare desideri e talenti, che sono il punto focale della motivazione, il motore ultimo che spinge ognuno di noi verso obiettivi sempre più sfidanti. Ecco perché parlare di sviluppo dei talenti ci indirizza al meglio. È importante evitare il rapporto sbilanciato valutatore-valutato ma svilupparlo in ottica paritaria di scambio informazioni in maniera empatica. Il bilancio delle competenze spesso viene vissuto negativamente dalle risorse proprio perché si trovano in soggezione in quanto si sentono valutate in maniera fredda e distaccata, oltre che solo nei risultati e nelle competenze, fino a quel momento acquisite, senza sguardo alle potenzialità. Un buon consulente di orientamento si spinge oltre la mera valutazione dell’assodato e ricerca motivazioni per sfide future. Nell’etimologia stessa delle parole delle due definizioni si ravvisa già una grande differenza. Bilancio – è una parola statica che rimanda alla valutazione di una situazione di fatto, lo sviluppo invece è una parola dinamica getta luce alle potenzialità ancora inespresse della risorsa e infonde fiducia nella possibilità di esplicitarle tutte al massimo.
Anche facendo qualche cenno storico ci si accorge come nel tempo, a partire dai primi anni del novecento, anche i presupposti teorici alla base del bilancio delle competenze si sono modificati passando dagli approcci più oggettivisti a quelli più soggettivisti o, come direbbe un filosofo della scienza, dal positivismo logico al costruttivismo. Si parte dalla teoria di Parsons dei tratti-fattori, in cui i tratti delineano le caratteristiche individuali e i fattori le caratteristiche richieste per una buona performance lavorativa; la teoria prevede di sovrapporre i due elementi abbinando individui e professioni in un approccio oggettivo in cui il consulente esperto trasferisce alla risorsa maggiore consapevolezza di sé e delle professioni adatte alla sua struttura personale. Questa impostazione è stata messa in discussione dagli sviluppi di teorici successivi, Carl Rogers e Donald Super per citare i più rappresentativi. Secondo le loro teorie le scelte professionali degli individui non possono basarsi esclusivamente su informazioni raccolte oggettivamente da un consulente esperto, detentore di tutto il sapere; per Rogers bisogna aver piena fiducia nella capacità delle persone di capirsi e risolversi in autonomia perciò il buon risultato delle sedute di orientamento, o di un percorso di bilancio delle competenze, deriva più dalla qualità della relazione che dalle capacità tecniche del consulente. Per Supers bisogna spostare l’asse della questione completamente su un piano soggettivo, perché è come soggetti attivi che gli individui vivono le loro vite e valutano le scelte di carriera a mano a mano che essa si sviluppa.
Da un primo approccio vicino al positivismo logico, secondo il quale esiste una realtà oggettiva in cui i tratti della persona possono essere individuati e quantificati, ad una visione costruttivista dove è la persona ad attribuire significato soggettivo al mondo e alle scelte, anche professionali. In quest’ottica più moderna la relazione assume un ruolo centrale, la risorsa viene incoraggiata ad individuare autonomamente le proprie competenze, capacità attitudini e aspirazioni. Con questa impostazione, ovviamente anche il ruolo del consulente si modifica, da esperto diventa un ascoltatore attivo che attraverso l’empatia aiuta la risorsa a ritrovare il proprio senso di potere nel governare e indirizzare la sua vita professionale.
Intendere il bilancio delle competenze in ottica costruttivista dunque significa cercare di sviluppare il talento di ogni singola risorsa facendo remare nella stessa direzione la soggettività e l’unicità dell’individuo, con il principio di realtà oggettiva che il consulente rappresenta.
Appare allora chiaro quanto possa essere importante scegliere un percorso di sviluppo del proprio talento per se o per i propri dipendenti.
“ça va sans dire” che per tutto questo Oltremeta vi può aiutare.