ARTE ORATORIA CICERONE – I segreti antichi dell’oratoria arte validi ancora oggi

Ai nostri giorni comunicare è più importante che pensare, e la comunicazione è la base della persuasione e del consenso.
Se dovessimo risalire alle sue origini, penseremmo senza dubbio ad un pioniere del λόγος (Logos) dell’arte oratoria come Cicerone: era geniale, ma non si sapeva ancora in che cosa fosse geniale perché il sapere in cui eccelleva, che oggi vivacizza quasi tutte le nostre università, era del tutto ignoto.
Cicerone fu il primo a intravedere nel discorso quel moto propulsivo, propedeutico alla formazione di una “pubblica opinione”, per questo, sostiene Narducci “egli trova ben pochi paragoni in leaders precedenti o anche contemporanei”, per questo egli può essere definito come il padre dell’oratoria arte.

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CICERONE ARTE ORATORIA
Contenuti
Capitato per capriccio della sorte in una delle epoche più tumultuose della storia, fece delle sue qualità virtù: le sue orazioni ne determinarono i fallimenti ma anche le vittorie, rendendolo ancora oggi uno dei personaggi più dibattuti e controversi.
Retore per istinto e per professione, “ammirato”
“dai più per la lingua, non altrettanto per il cuore”
Agostino
Il suo approccio era positivo e consisteva soprattutto nella possibilità di esaminare le diverse angolazioni di un argomento per rendere maggiormente efficace la sua arte oratoria a favore dei clienti e prevenire possibili contestazioni di chi non la pensava come lui.
Grazie alla chiarezza espositiva, alla competenza giuridica e all’eccezionale abilità dialettica, che gli permetteva di argomentare con logica serrata e stringente, egli assolveva egregiamente tutte e tre le funzioni che nelle opere retoriche assegnava all’oratore.
ARTE ORATORIA CICERONE SCOPI:
1. Quella di docere, ossia d’informare chiaramente e di dimostrare la sua tesi nel modo più convincente
2. Quella di delectare, cioè di conciliarsi le simpatie del pubblico procurandogli piacere, ricorrendo alle sue doti di narratore vivacissimo e di ritrattista psicologicamente acuto e penetrante, a una verve ironica e satirica talvolta pungente e caustica, alla sua sterminata cultura storica e letteraria, a cui attinge per i frequenti exempla e digressioni
3. Quella di movēre o flectere, ovvero di trascinare gli uditori al consenso suscitando commozione, sdegno, ira, compassione, o ricorrendo alle perorazioni, quando potevano svolgere un ruolo decisivo per l’esito della causa.
ORATORIA – lo stile di Cicerone
è raffinato e complesso, caratterizzato da periodi ricchi di proposizioni subordinate, nessi sinonimici e figure retoriche, ordinati secondo criteri di coesione e compattezza. Grande importanza assumono anche l’eufonia e il ritmo, diverso da quello della poesia, ma anch’esso regolato da norme che Cicerone rispetta scrupolosamente.
Come sappiamo, un discorso pubblico non deve necessariamente essere rivolto ad un gran numero di persone da una palco, per essere considerato tale: anche nel momento in cui qualcuno si trovi a dialogare intorno ad un tavolo con degli amici o a dover fornire delle indicazioni stradali a due viaggiatori, la parola perde la sua connotazione “privata” e ne acquisisce una “pubblica”.
Nelle sue opere Cicerone si servì a lungo del dialogo, come artificio retorico per diffondere una serie di concetti e punti di vista mettendoli in bocca agli interlocutori e quindi senza doverli avallare come propri, quasi fosse un precursore del moderno sceneggiatore o regista che affida i suoi più reconditi pensieri agli attori e li regala all’occhio indiscreto della telecamera.
Il noto film di Quentin Tarantino “Le Iene” inizia con un dialogo.

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DE ORATORE DI CICERONE (la bibbia dell’arte oratoria)
In una delle sue opere più importanti, il De Oratore, Cicerone delega all’oratoria il ruolo storico della civilizzazione umana chiedendosi, naturalmente nella forma di una domanda retorica quale altra disciplina oltre all’oratoria avrebbe potuto portare l’uomo alla civiltà; una considerazione perfettamente in linea col pensiero di Aristotele:
citazione arte oratoria
“La parola è in grado di manifestare l’utile e il dannoso e di conseguenza anche il giusto e l’ingiusto. È proprio la condivisione di tali valori che dà origine al nucleo familiare e alla città.”
E prosegue:
“Ciò per cui noi uomini ci distinguiamo dalle bestie è essenzialmente il fatto che dialoghiamo tra di noi e possiamo esprimere parlando le nostre emozioni”.
Questo implica una visione relazionale dell’uomo, perché ogni dialogo richiede un interlocutore, a sua volta impegnato nella comunicazione. In questo modo l’uomo è fin dalle origini “connesso” con gli altri e l’oratoria implementa la rete delle connessioni.
Da un punto di vista antropologico diremmo che in Cicerone, vi è stata un’evoluzione dell’uomo, da animale razionale ad animale dialogante-comunicante.
ARS ORATORIA E FILOSOFIA
Benchè Cicerone non intenda scindere la retorica dalla filosofia, ma piuttosto fare in modo che si completino l’una con l’altra, è innegabile che fra queste due arti vi siano profonde differenze:
- mentre la filosofia presuppone l’uso della ragione,
- la retorica può farne a meno poiché la peculiarità del discorso è quella di essere spesso irrazionale e aleatorio
se la filosofia può considerarsi la pars Apollinea dell’essere umano, la retorica può considerarsi la pars Dionisiaca; se la filosofia si occupa dei sommi concetti, la retorica si occupa degli affetti. Inoltre, l’efficacia di un buon discorso può prescindere dalla verità: badando più agli effetti psicologici sull’uditorio che alla coerenza logico-filosofica, esso può permettersi di reggere su false premesse.
Tuttavia la libertà della retorica dalla filosofia le procura una nuova dipendenza, quella dal pubblico. È l’uditorio infatti, a decretare l’efficacia o meno dell’argomentazione attraverso le sue reazioni, per questo l’oratore deve saper calibrare le parole a seconda del pubblico (diremmo oggi del target) che ha di fronte.
Cicerone sintonizza sempre il suo eloquio sulle persone che ha davanti o presume di aver davanti considerando se sono “uomini ignoranti e grossolani che preferiscono sempre l’utile all’onesto” oppure se sono “colti e d’animo raffinato, che pongono la dignità morale al di sopra di ogni altra cosa”.
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IL BUON ORATORE SECONDO CICERONE
Il perfetto oratore non è colui che ha bisogno di atteggiarsi a Princeps Inter Pares (“in questo caso gli ascoltatori lo riterrebbero un pedante o un Greco da poco, ovvero mal sopporterebbero di passare essi da sciocchi”).
Egli viene percepito come tale giacchè “opera su tutti gli affetti degli uomini, ne manipola i sentimenti e i pensieri in modo tale da non aver bisogno di definizioni filosofiche, né di indagare nei suoi discorsi se il famoso sommo bene abbia sede nell’anima o nel corpo.” Oggi si parlerebbe di forza di suggestione che colpisce le emozioni piuttosto che l’intelletto.
Nei libri II e III del De Oratore, basati sulla ricerca degli elementi di persuasività di un discorso, Cicerone parla di 4 requisiti fondamentali per migliorare la propria arte oratoria:
1. La dispositio, ossia l’ordinamento degli argomenti e dei pensieri per ottenere il miglior risultato
2. L’elocutio, ovvero l’uso del linguaggio giusto e più idoneo alla causa
3. La memoria, perché l’arringa non veniva letta, ma recitata
4. L’actio, l’insieme di espedienti (la parte teatrale, gli atteggiamenti, i timbri di voce) di cui l’oratore si serve per generare il giusto pàthos e far breccia nel cuore del suo pubblico.
Il discorso di Al Pacino tocca l’apice del pàthos nel film “Ogni maledetta Domenica” , un utilissimo esempio per chi vuole migliorare l’arte oratoria.
Il retore sofista non ha come prerogativa la morale, ma ricerca l’utile allo stesso modo in cui oggi il pubblicitario insegue il successo economico.
MIGLIORARE L’ARTE ORATORIA
Il potere persuasivo di Leo Notte in “1992 La serie” La straordinaria attualità di Cicerone risiede nel fatto che le regole che adottava al fine di eseguire il discorso perfetto sono valide tutt’oggi se si pensa al public speaking:
1. Conoscere i propri punti di forza e di debolezza– Prima di poter formulare un discorso è necessario trarre consapevolezza dei propri difetti e fare in modo che non costituiscano più un ostacolo.
2. Crearsi una road map per disporre pensieri e immagini nel migliore dei modi
3. Fare attenzione al non verbale. Oggi i gesti e gli atteggiamenti sono più importanti delle parole, in quanto specchio di eventuali insicurezze che saranno prontamente intercettate dal proprio parterre de rois.
4. Mettersi sempre nei panni di chi ascolta. Proprio come Cicerone, è bene sapere con chi si ha a che fare. Il discorso dovrà essere modulato conformemente ai modi, al registro linguistico, e allo status sociale degli spettatori cui è rivolto.
5. Scegliere un argomento e approfondirlo. Spesso quando si decide di affrontare numerosi argomenti, si rischia di generare confusione nello spectator, per questo è preferibile toccarne uno, ma sviscerarlo fino in fondo.
6. Lo storytelling: oggi è importante più che mai adornare il discorso di aneddoti sulla propria vita, espressioni volte a creare una propria unicità, frasi che mirano ad una captatio benevolentiae della platea.
7. L’inizio e la fine sono le componenti principali di un discorso, quelle su cui bisogna lavorare di più, poiché un buon inizio rappresenta il 50% di tutto il lavoro e una buona fine dovrebbe, direbbe Sartre “ghermire gli attimi” per dare al discorso l’enfasi e il valore di un inizio.

Questi piccoli diktat della comunicativa hanno resistito a secoli di storia senza essere minimamente scalfiti, si sono piegati alle esigenze della propaganda del ‘900 sotto l’egida di Gustav Le Bon, hanno sommerso la società liquida anni ‘60 di slogan a tinte pop, hanno svegliato le coscienze sopite nell’America di Martin Luther King, ci hanno travolti e ci hanno fatto sognare, sta a noi decidere qual è lo scopo, positivo o negativo, per cui metterli al servizio.
Ma se ricordiamo Cicerone non è per meriti di scienza, ma di coscienza; per aver trattato con rigore e stile i problemi propri dell’uomo, problemi di ieri, di oggi e di sempre – giustizia, patria, religione, amicizia, coerenza morale – e per aver perseguito nella sua azione di uomo politico, quel rispetto delle istituzioni nel quale sta la salvezza della città. La vita di Cicerone smentisce la frase di Agostino, ma può essere riassunta con un’espressione di Quintiliano:
L’arte della parola non ha mai smesso di essere strumentale ad altre arti e tecniche: come l’eloquio dell’oratore richiedeva un’adeguata formazione teorica sui τρόποι della retorica, anche oggi una comunicazione efficace richiede l’azione competente e professionale di agenti specializzati, a cui affidare l’immagine, gli atteggiamenti e la figura di un relatore che affronta il pubblico, perché come ben sapeva Cicerone, l’aspetto teatrale dell’orazione ha gran rilievo, per non dire della conoscenza del pubblico, dei suoi gusti e delle sue aspettative, che oggi ancor più di prima sono importanti e vanno tenuti sotto costante controllo.
“Pectus est enim quod disertos facit” (è infatti il cuore che rende eloquenti), poiché ci insegna la regola più importante: che un discorso per arrivare al cuore, deve venire dal cuore.
Tecnica e cuore potranno portarci lontano!
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